UN ANNO IN ECUADOR di BENEDETTA ZAMPA

a.s 2017-18

Ecuador, un piccolo stato racchiuso nel cuore delle Ande. Qualche anno fa non mi sarei mai immaginata di trascorre un anno d'interscambio in questo paese: mi sembrava un'utopia, una realtá troppo lontana edifficile da realizzare, per le difficoltá in loco e il dispiacere di lasciare famiglia e amici. Ascoltandoi racconti dei ragazzi che erano partiti prima di me, peró, non ho saputo resistere: i loro occhi emanavano un entusiasmo ed una felicitá che mi hanno contagiata. 

 

La partenza é la parte piú facile dell'esperienza, la curiositá e la vogliad'intraprendere una nuova avventura sovrastano qualsiasi dubbio o timore. Appena arrivata non avevo ancora capito cosa stavo facendo, solo dopo un mese ho realizzato che quella non era una vacanza e che sarei rimasta lì ancora per un bel po'. La gente che ho conosciuto ha reso questa esperienza indimenticabile: che meraviglia osservare la realtà daun altro punto di vista. 

 

In particolare è statala mia famiglia ecuadoriana ad aver avuto un ruolo fondamentale. Non é facile entrare in un contestofamigliare ed adattarsi al loromodo di vivere, ma sicuramente è altrattantodifficile accogliere un perfetto estraneo nella propia casa e farlo sentire parte della famiglia: educarlo come un figlio o amarlo come un fratello, e questo é quello che la  famiglia ospitante ha fatto con me.

Tutti mi hanno fatto sentire, fin dal primo giorno, a casa e mi hanno fatto capire cosa volesse dire vivere in una famiglia sudamericana. In Ecuador, come nella maggior parte dei paesi latinoamericani, il concetto di famiglia é primario ed essenziale:la famiglia é sempre presente, ogni occasione é buona per riunirsi e trascorreredel tempo assieme mangiando e ballando in allegria, in altre parole ogni occasione è buona per far festa tutti assieme.

 

Un anno fa non  avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuto passare tanto tempo in famiglia, soprattutto perché il mio concetto era nettamente differente, non ero abituata ad avere tanti zii ecugini che si sono rivelati essere degli amici sinceri e sempre presenti. La personaa cui mi sono affezionata di piú, é senza dubbio mia sorella, la mia compagna di avventure, la persona a cui ho potuto confidare qualsiasi segreto o dubbio, da cui ho imparato un sacco di cose. Avendo solo un paio d'anni in più di me uscivamo sempre assieme, soprattutto a visitare parchi e riserve nazionali.

 

Figura che si è dimostrata fondamentale durante quest'anno è stata anche mia madre ospitante.E' l'esatto opposto dello stereotipo di madre latinoamericana: poco affettuosa, molto rigida, ma nonostante ciò mi ha trattato come una vera figlia. Non mi è stato mai permesso di uscire di casa da sola e durante i primi sei mesi dovevo sempre essere accompagnata da un parente. Una volta uscita dovevo rientrare prima delle ventidue, ma considerando il contesto sociale e il quartiere in cui vivevo non è stato difficile capire che tutto questo era per un motivo di sicurezza. Nonostante tutte le restrizioni, non posso far altro che essere riconoscente a mamma Estela, perchè grazie a lei ho imparato molto e sicuramente mi ha trasmesso, a modo suo, molto affetto.

 

Altro aspetto fondamentale dell'anno in Ecuador, é stata la scuola, che frequentavo dal lunedì al venerdì, dalle 7.00, alle 12.40. L'istituto scolastico che mi ha accolto era l'istituto tecnologico Andrés F. Córdova, una piccola scuola situata nel sud di Quito ad una trentina di minuti da casa mia. Il metodo di apprendimento e di insegnamento in Ecuador, è senza dubbio molto diveso da quello italiano: poche sono le prove in classe, mentre le valutazioni si basano sui compiti per casa e sulle presenze in classe. Molto importante è anche come viene presentato il “deber” (compito o ricerca per casa): se non sono presenti disegni, foto e decorazioni, il voto si abbassa inevitabilmente. Gli argomenti trattati sono affrontati molto superficialmente e le classi sono numerose, con circa quarantacinque alunni.

 

Tutti i compagni  si sono sempre dimostrati molto disponibili nei miei confronti, rendendomi partecipe alle lezioni, aiutandomi, o anche coinvolgendomi nelle loro chiacchierate. Con Genésis, una ragazza della mia classe, ho stretto un forte rapporto d'amicizia. Anche i professori si sono dimostrati sempre molto cordiali ed il rapporto insegnante allievo mi è sempre sembrato molto amichevole, a volte pure troppo confidenziale.

 

 

La società ecuadoriana è più arretrata di quella in cui sono abituata a vivere e questo si traduce in parecchi problemi sociali: moltissimi sono i furti nelle strade e sui mezzi di trasporto pubblici, uscire di notte, se non si vive in una zona sicura, è molto pericoloso. Nelle zone più povere della città non è inusuale vedere bambini con un sacchetto in mano che sniffano “cemento de contacto” un collante utilizzato come droga perchè, oltre ad essere molto economico, permette di non percepire né la fame, né il freddo del gelido vento andino.

 

Altro aspetto della società che mi ha colpito è l'alto tasso di gravidanze giovanili. L'Ecuador è il paese con il numero più alto di ragazze madri e questa è una problematica che non si riscontra soltanto nelle comunità amazzoniche o nei paesini andini, ma anche nelle grandi città. Anche nella mia classe c'erano  due ragazze, di diciott'anni, già madri di due figli. Parlandone in famiglia, mia sorella e mia madre affermavano che il problema era cresciuto in seguito all'abolizione delle lezioni di educazione sessuale nelle scuole.

 

Nonostante tutti questi aspetti drammatici è stata l'esperienza più significativa della mia vita; l'anno appena trascorso mi ha insegnato molto: scoprire tutti questi nuovi aspetti della società ecuadoriana, mi hanno aperto gli occhi sul mondo. Mai mi sarei immaginata di mangiare un tipico “chantacuro” (verme) vivo e mai avrei pensato di festeggiare il mio diciottesimo compleanno andando ad un funerale, ma nonostante alcuni momenti difficili o spiacevoli che mi sono capitati, rifarei tutto e a tutti raccomando di avventurarsi in una esperienza tanto straordinaria.